sostanze chimiche: quali causano l’endometriosi?

L’endometriosi potrebbe essere causata da alcune sostanze chimiche. Sono i perturbatori endocrini: sostanze nell’ambiente che interferiscono con l’attività degli ormoni e del sistema immunitario. Per l’endometriosi sono interferenti 9 classi di sostanze chimiche, fra cui diossine, pesticidi, bisfenolo A e ftalati.

sostanze chimiche: boccetta di veleno

In relazione all’endometriosi sono state individuate 6 classi di perturbatori persistenti e 3 classi di perturbatori non-persistenti.

I perturbatori endocrini persistenti si disperdono ovunque (nell’aria, nell’acqua, nel terreno) e serve moltissimo tempo all’ambiente per degradarli: perciò continuiamo a esserne contaminati, anche se abbiamo smesso (o diminuito parecchio) di produrne. L’Italia non ha ancora ratificato la convenzione di Stoccolma del 2001 che mette al bando 12 inquinanti organici persistenti: quindi, per il momento, non ha l’obbligo di attuare controlli rigorosi su queste sostanze chimiche.

le sostanze chimiche associate all’endometriosi: i 6 perturbatori persistenti

  1. diossine e relativi congeneri
  2. pesticidi organoclolurati (HCB, DDT e Beta-HCH)
  3. eteri di difenile polibromurati (PBDE)
  4. bifenili policlorurati, detti anche policlorobifenili (PCB)
  5. acidi perfluoroalchilici (PFAS)
  6. metalli (cadmio, cromo e rame)

le sostanze chimiche associate all’endometriosi: i 3 perturbatori non persistenti

  1. filtri UV al benzofenone
  2. bisfenolo A (BPA)
  3. ftalati

Dal 2009 al 2015 sono stati studiati i meccanismi d’azione dei perturbatori endocrini. Oggi si sa che uomini e animali esposti a queste sostanze chimiche matureranno in futuro una malattia, specie se l’esposizione è avvenuta in una fase del loro sviluppo. Perché gli interferenti endocrini causano cambiamenti cellulari e molecolari. Modificano le interazioni geni-ambiente. Gli effetti che producono sull’organismo sono duraturi: si ripercuotono non solo sugli individui esposti, ma anche sui loro discendenti.

La disgenesia ovarica, ad esempio, dipende molto dall’esposizione al DES: un estrogeno sintetico che veniva prescritto negli anni 1940-70 alle donne incinta a rischio di aborto. Le nate da mamme DES hanno anomalie dell’apparato riproduttivo. Modifiche all’ovaio in via di sviluppo possono infatti generare gravi problemi: minore fecondità, menomazione riproduttiva, infertilità, endometriosi, fibromi, insufficienza ovarica prematura, sindrome dell’ovaio policistico.

bisfenolo A, ftalati e pesticidi fanno davvero venire l’endometriosi?

La Endocrine Society, fondata negli Stati Uniti nel 1916, pubblica periodicamente i risultati delle sue ricerche nel campo dell’endocrinologia. In merito agli interferenti endocrini si è espressa due volte. Con il Scientific Statement del 2009 ha allertato la comunità sul grave impatto di queste sostanze chimiche sulla salute; con il Scientific Statement del 2015 è scesa nei dettagli, specificando quali perturbatori sono associati a quali malattie.

Questo secondo documento riassume i principali effetti dei perturbatori endocrini sul sistema riproduttivo. La patologia viene messa in relazione con i livelli di sostanze chimiche riscontrati nel sangue o nelle urine. Per l’endometriosi il rischio di malattia è più associato a:

  1. bisfenolo A
  2. ftalati (MEHP e DEHP, mono-n-butilftalato, MBP)
  3. pesticidi (β-HCH, mirex, fungicidi aromatici, t-nonachlor, HCB)

A questi si aggiungono gli inquinanti ambientali che danneggiano l’apparato riproduttivo (diossine, policlorobifenili) , già messi al bando dalla Convenzione di Stoccolma del 2001.

Quasi tutti gli studi sul ruolo delle sostanze chimiche sull’endometriosi hanno dei limiti: non c’è omogeneità nei metodi di ricerca e analisi dei dati, non c’è chiarezza sui criteri di malattia, e il potere statistico è scarso per il basso numero di casi esaminati. A causa di queste lacune, sono studi che formalmente non provano il ruolo dei perturbatori endocrini sull’endometriosi.

 

perturbatori endocrini come evitarli
perturbatori endocrini per endometriosi: come evitarli

 

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